Quei corsi che probabilmente continueremo a fare e che non ci serviranno a niente!
É arrivato il momento di condividere un segreto.
Il processo di “omeostasi” negli essere umani non esiste, quindi volente o nolente si cambia comunque, tanto vale cambiare nella direzione che desideriamo, o per lo meno quella che più ci avvicina alla situazione desiderata.
Tuttavia, ci imbatteremo nella nostra vita una serie di percorsi sul cambiamento che non serviranno a niente.
Probabilmente non sarà questo il post con cui mi farò nuovi amici, ma, ho una profonda credenza e vorrei condividerla.
Il cambiamento, inteso come cambiare il comportamento e la visione del mondo, non richiede un aumento della conoscenza, bensì solo la riorganizzazione di abitudini di pensiero, di convinzioni e di atteggiamenti che sono, tra l’altro, tradizionalmente ben radicati, come tutte le nostre abitudini.
Modificare queste abitudini è un compito più impegnativo e faticoso di quello richiesto a chi deve semplicemente aggiungere nuove informazioni alle vecchie.
Ne consegue che modificare un’abitudine fondata sul comportamento emotivo richiede una strategia di apprendimento completamente diversa rispetto a quella richiesta per aumentare la conoscenza, non saranno pertanto le lezioni frontali della formazione classica a farci raggiungere quell’obbiettivo tanto anelato, in particolare dalle aziende.
L’errore che vedo commettere più di frequente è quello di utilizzare lo stesso approccio sia per addestrare su una tecnica che per tentare di sviluppare una capacità emotiva.
E allora arrivano richieste dove si progettano programmi di sviluppo che prevedono lo stesso tipo di formazione sia per il project management che per la leadership o la gestione dei conflitti, ad esempio.
Ma lo sviluppo di capacità relazionali ed emotive (e la leadership lo è a tutti gli effetti, così come lo è la gestione dei conflitti ), differiscono in modo sostanziale dalla conoscenza per il project management o per redigere un piano strategico di business ad esempio.
Richiedono, infatti, l’intervento di aree cerebrali differenti.
Quando dobbiamo aggiungere informazioni e conoscenze afferiamo alla memoria localizzata nella neo corteccia cerebrale, mentre l’apprendimento richiede un cambiamento profondo a livello neuronale che prevede l’indebolimento delle abitudini preesistenti e la loro sostituzione con altre.
In buona sostanza, prima di tutto occorre stimolare la percezione di noi e della nostra auto consapevolezza.
Se saltiamo questo passaggio importante, difficilmente ci sentiremo incentivati ad abbracciare processi di cambiamento.
Li percepiremo più come una minaccia a cui opporre resistenza o nel migliore dei casi indifferenza; ci sentiremo solo pieni di informazioni, confusi, con bisogno di sedimentare una miriade di nozioni che nella migliore delle ipotesi dimenticheremo.
Tra processi informativi e processi trasformativi c’è una grande differenza!
Per raggiungere i nostri obiettivi non possiamo prescindere dai secondi, perchè le informazioni, anche se di qualità, se non passano attraverso un processo trasformativo che solo metodologie come il coaching, l’empowerment e l’analisi dei processi intrapsichici, possono fare, non servono a niente.
Ecco, l’ho detto.
La chiave sarà probabilmente quella di stimolare l’interesse ad evolvere, a diventare umani evoluti, più che l’obbligo di cambiare perchè “fuori tutto cambia”.
E continuerò a pensarci bene prima di farmi spremere come un limone dall’ennesimo “persuasore etico” che tenterà di vendermi il solito vecchio prodotto ma impacchettato diversamente con “l’effetto wow”.
Alla prossima
Davide
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Dott. Davide Etzi
Psicologo del lavoro e delle organizzazioni, Economista manageriale e dell’organizzazione aziendale, Executive Coach PCC ICF – Founder e Managing Director di Humanev®
(Persone, Processi e Profitti, per esseri Umani ed Evoluti)
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