Impatto e credibilità della comunicazione
Ricordo ancora l’esame di Marketing durante il periodo universitario della mia prima laurea, sono passati quasi 23 anni; la Docente, arguta, simpatica e pungente come solo una sarda doc sa essere mi chiese: “Etzi, ma lei sa di cosa ha davvero voglia l’umanità e cosa cercherà di fare sempre più nei prossimi 30 anni?” Attimi di silenzio e suspence, ero sicuro di non aver mai letto nei testi qualcosa di simile, ero stranamente felice ed incuriosito, anche perché consapevole di aver superato l’esame, si trattava infatti di quel genere di domande che stimolavano la riflessione fatte solitamente per congedarti dall’esame con un voto decente. Passarono circa dieci i secondi e dissi:
“L’umanità vuole sopravvivere, Professoressa, ma non sono proprio sicuro che sia la risposta che vorrebbe sentire”
“Etzi, l’umanità vuole C OO M UU N III C AAA R E!” disse, esattamente col tono che immaginate mentre leggete.
“Tutto quello che succederà nel mondo nei prossimi trent’anni sarà orientato a far comunicare le persone; l’umanità ha un bisogno incredibile di comunicare”, aggiunse.
Fu uno dei momenti topici della mia vita, ero consapevole di mettere il primo mattoncino di un lungo percorso di curiosità, scoperta del mondo, dell’altro, del vero senso e significato di quello che avrei fatto in futuro. Sia chiaro, non capivo ancora niente, non che oggi abbia la consapevolezza di uno sciamano tibetano, ma ho percorso qualche chilometro di strada in più e messo diversi mattoni uno sopra l’altro, tuttavia, vi assicuro, quell’episodio e quel “COOMUUNIIICAARE”, fu uno dei primi mattoncini.
Torno adesso al presente per proporVi una delle domande che mi pongo più spesso: “Ci assicuriamo sempre che il messaggio che vogliamo trasmettere sia sempre compreso e decodificato dal nostro interlocutore, esattamente come vorremmo?”
A proposito di questo, le neuroscienze ci regalano due indicazioni sul tema, molto più importanti e delicate di quanto generalmente si pensi:
- La prima indicazione è la regola “100-70-50-10”: il messaggio che pensiamo di comunicare (che è al 100% del suo contenuto), viene trasmesso al 70%, il nostro interlocutore riesce a coglierne generalmente il 50%, e ne ricorda solo il 10%
- La seconda indicazione è che nella comunicazione, il 55% lo fa il corpo (comunicazione non verbale), il 38% il tono di voce (linguaggio paraverbale), il 7% le parole, il linguaggio verbale, ovvero i contenuti di ciò che vorremmo dire, teoria in effetti molto criticata e forse applicabile solo in determinati contesti.
Quando parliamo di impatto e credibilità dovremmo sempre tenere presente questi schemi e tener presente che la comunicazione è un atto apparentemente semplice dalle mille sfumature complesse; la somma di questi elementi forma l’efficacia della comunicazione!
È un risultato che lascia sempre molto sorpreso il cliente che viene in sessione con l’obiettivo di trasferire contenuti, insegnare, parlare in pubblico o semplicemente recuperare una relazione che sia personale o professionale.
Ricordiamocelo ogni qualvolta abbiamo messaggi “carichi di contenuto” da trasmettere. Siamo animali sociali, “non possiamo non comunicare”, stiamo citando il primo assioma della Comunicazione della Scuola di Palo Alto.
Qual è lo strumento più forte per comunicare? Il linguaggio, ovviamente! Il linguaggio è una delle capacità umane più straordinarie e complesse, da sempre oggetto di interesse da parte dei studiosi provenienti da varie discipline scientifiche e umanistiche. Lo inseriamo nella più ampia capacità di comunicare; infatti, la comunicazione comprende il linguaggio, ma non si riduce ad esso. La funzione comunicativa del linguaggio riguarda dunque la possibilità, per l’uomo, di favorire la trasmissione di informazioni e l’interazione sociale.
Utilizzando un modello ontologico nelle sessioni di Coaching, andiamo a lavorare proprio sul linguaggio, partendo dalle teorie di Wittgenstein, teorie che si basano sull’assunto del “linguaggio che genera la realtà”, ovvero che attraverso la ristrutturazione di precisi atti linguistici, siamo in grado di cambiare la realtà che viviamo nel quotidiano. A quell’esame presi 28 su 30, non andò male, ma in una scala di valori fu sicuramente una delle esperienze da 30 e lode.
Uno di quegli stimoli che tuttora cerco nello scambio e nel confronto con gli altri.