Barriere cognitive ci impediscono di vedere disuguaglianze e povertà.
Sta diventando urgente la divulgazione.
Era da tempo che attendevo uno studio di questo tipo, che in qualche modo fondasse delle tesi che chi si occupa di economia comportamentale, psicologia e neuroscienza stava approfondendo da tempo.
Nella divulgazione è utile andare al succo principale.
Ed il succo è che la percezione che abbiamo della nostra condizione socio-economica è profondamente sbagliata e distorta, e che in realtà siamo molto più poveri di quello che pensiamo e non ce ne rendiamo conto.
Indovinate un po’ di chi parlo?
Se pensiamo che sia un fenomeno che riguarda solo la classe operaia stiamo cadendo nel tranello scientemente preparato dal nostro cervello.
Qui parlo con tutti, con Te, impiegato direttivo borghese e in ascesa con le competenze giuste, con Te manager in carriera, con Te Dirigente arrivato con la casa al mare e in montagna, e con Te imprenditore dalle mille risorse e forme giuridiche.
Pensiamo di appartenere nel nostro piccolo ancora ad una classe privilegiata che ha il lavoro, che ha il necessario per il sostentamento, che ha quanto serve per andare avanti e permettersi anche qualche vacanza, ma non è così: è tutto un bias cognitivo (una distorsione della percezione, per i non addetti ai lavori).
La conferma delle neuroscienze.
Sia chiaro, qui a scrivere c’è un grande ottimista, uno che non la butta e non la butterà mai in tragedia, ma a cui piace leggere i dati, affidarsi alla scienza, basarsi su studi empirici. É la volta di arrendersi al fatto che non solo abbiamo creato una società ingiusta, ma non ce ne stiamo ancora accorgendo, ed è la neuroscienza a confermarlo!
Questo fa sì che nessuno si stia occupando davvero della redistribuzione della ricchezza, e che quest’ultima, che come sappiamo è in mano all’1% della popolazione mondiale, rimanga intaccata ed intoccabile ed anzi, i ricchi saranno sempre più ricchi e la classe operaia, la classe media e la borghesia sempre più impoveriti.
Con la differenza che anche chi sostiene di stare bene ed essere privilegiato, borghesia, media imprenditoria, dirigenza, in realtà si sta impoverendo velocemente senza averne coscienza e percezione, e senza soprattutto voler fare qualcosa ed adottare strumenti per reagire e fermare questo fenomeno socio-economico (e aggiungerei antropologico), che non può che essere fortemente nocivo per il genere umano, perché ancora convinto di appartenere alla cerchia privilegiata.
Coloro che guadagnano di meno sono la maggioranza, eppure, mentre il divario di ricchezza continua a crescere, il sostegno alle politiche che mirano a ridurre la disuguaglianza di reddito è rimasto stagnante.
Lo Studio.
Gli autori dello studio [*], si sono chiesti se la mancanza di supporto per la ridistribuzione della ricchezza possa avere a che fare con i processi cognitivi alla base della percezione del proprio reddito da parte di un individuo.
Hanno proposto come tesi che le persone abbiano una percezione distorta del loro reddito soggettivo, inducendole a sottostimare la misura in cui trarrebbero beneficio dalla ridistribuzione della ricchezza.
Hanno in sostanza voluto vedere se gli atteggiamenti nei confronti della ridistribuzione della ricchezza riflettessero più il reddito soggettivo di una persona rispetto al reddito effettivo.
Hanno analizzato i dati di un campione di 55.474 intervistati del General Social Survey, un’indagine rappresentativa a livello nazionale [USA].
Come misura del reddito soggettivo, il sondaggio ha chiesto agli intervistati quale fosse la posizione del loro reddito familiare rispetto ad altre famiglie, con le opzioni “molto al di sotto della media”, “sotto la media”, “media”, “sopra la media” o “molto al di sopra della media”.
Il sondaggio ha anche chiesto agli intervistati di indicare il proprio reddito ed ha valutato il loro atteggiamento nei confronti della ridistribuzione della ricchezza.
Come previsto, la distribuzione del reddito effettivo dei soggetti è stata positivamente distorta, riflettendo il fatto che una piccola minoranza di intervistati guadagnava la maggior parte del reddito.
Tuttavia, la distribuzione del reddito soggettivo dei partecipanti era normale.
Come affermano gli autori, “La normale distribuzione del reddito soggettivo indica che la maggior parte delle persone riporta un livello di reddito medio”.
Ciò suggerisce che molte persone che in realtà hanno molto meno del cittadino medio si consideravano ancora mediamente ricchi.
Inoltre, il reddito soggettivo prediceva gli atteggiamenti verso la ridistribuzione della ricchezza, indipendentemente dal reddito effettivo.
Durante il controllo del reddito effettivo, i partecipanti che hanno riportato il reddito soggettivo più elevato hanno mostrato il minimo sostegno per la ridistribuzione della ricchezza.
Come spiegano gli autori, “la dipendenza dal reddito soggettivo può mettere le persone contro la ridistribuzione che ne trarrebbe vantaggio perché in una distribuzione normale, circa la metà della popolazione si sente sempre più ricca della media”.
Le persone rimangono divise sul tema tassazione, ma la realtà è che una grande percentuale di cittadini trarrebbe vantaggio in modo sostanziale da migliori programmi di assistenza sociale e migliori scuole pubbliche e ospedali, derivanti da una tassazione “equa” se fosse applicata realmente su tutti.
Le persone si sentono più ricche di quanto non lo siano in realtà.
Il motivo per cui molte persone si oppongono a queste politiche è che si sentono più ricche di quanto non siano in realtà
Lo studio mostra che questa sensazione di ricchezza deriva da due cause.
1] Le persone tendono a paragonarsi a persone che guadagnano una quantità di denaro simile, il che significa che una persona povera in un quartiere povero potrebbe sentirsi di classe media.
2] Le persone sottovalutano o proprio non conoscono la portata del divario tra gli ultra-ricchi e se stessi, l’entità degli sprechi, dello sfruttamento di risorse e manodopera.
Lo Studio mostra anche come tali percezioni errate possano essere dannose per l’economia.
Dovremmo capire che non stiamo così bene come pensiamo e che potremmo beneficiare di più da un’equa redistribuzione della ricchezza se solo ne fossimo tutti consapevoli.
Cosa potremmo fare.
Ci sono diversi modi per superare queste percezioni errate.
Rendere ad esempio delle risorse accessibili che aiutano le persone a capire se trarranno vantaggio dalla ridistribuzione della ricchezza, insomma fare divulgazione, formare, informare.
Su una scala più ampia, ridurre la segregazione residenziale o aumentare il contatto tra i gruppi facilitando confronti sociali più rappresentativi e giudizi più accurati sul bene comune anzichè sull’interesse economico personale.
In poche parole, farla finita con la società frammentata di cui parlavo qualche giorno fa qui e qui.
Di rane bollite ne abbiamo abbastanza.
Scusate se mi sono dilungato, abbiamo appena condiviso uno dei temi che mi appassiona di più.
Ho personalmente acquistato lo studio e la ricerca a caro prezzo direttamente dall’Università del North Carolina, se siete anche voi interessati all’argomento, chiedetene pure una copia scrivendo a davide.etzi@humanev.com
Alla prossima
Davide
[*] Fonte: https://journals.sagepub.com/doi/pdf/10.1177/1948550620934597
“Cognitive Barriers to Reducing Income Inequality”
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Dott. Davide Etzi
Psicologo del lavoro e delle organizzazioni, Economista manageriale e dell’organizzazione aziendale, Executive Coach PCC ICF – Founder e Managing Director di Humanev®
(Persone, Processi e Profitti, per esseri Umani ed Evoluti)
Ci vediamo su LinkedIn: https://www.linkedin.com/in/davideetzi/